Il 5 aprile la Federazione terrà la sua terza assemblea nazionale a Roma. Corrado Martinangelo, il fondatore: “le imprese hanno bisogno di certezze su tempi e risorse”
Corrado Martinangelo fonda Agrocepi nel 2017 – “insieme a pochi amici”, come oggi ricorda lui stesso, e su impulso di Cepi, la Confederazione europea delle piccole imprese – la federazione agroalimentare che ha in questi anni contribuito in modo determinante ad affermare l’idea delle “filiere”.
Ora Agrocepi prepara la sua terza assemblea nazionale, che si terrà a Roma il 5 aprile mattina. Martinangelo ha completato il queste ore un ampio giro di consultazione con gli esponenti politici sia della maggioranza che dell’opposizione, oltre ad aver incontrato i vertici del ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare. Lo intervistiamo per chiedergli come sono andati i suoi incontri e quali contenuti può anticiparci della prossima assemblea.
“L’agroalimentare è al centro di un dibattito positivo” dice Martinangelo al Sussidiario. “Dalla difesa dell’ambiente alle politiche economiche sostenibili, da una diversa coscienza della salute alla difesa di valori culturali e della tradizione, il tema non è più limitato agli esperti e ai produttori, ma investe complessivamente l’opinione pubblica. C’è una disponibilità mai riscontrata prima alla conoscenza e all’impegno a valorizzare e proteggere la nostra produzione agroalimentare”.
Quindi le cose vanno bene per le imprese?
Questo approccio positivo si è trasformato in un risultato economico di tutto rispetto. I dati sono confortanti: a fronte di un periodo senz’altro difficile (usciti dalla pandemia abbiamo affrontato le conseguenza della guerra in Ucraina) il settore continua a crescere a due cifre, con risultati considerevoli sul piano dell’esportazione (+12% per un valore complessivo di oltre 60 miliardi di euro). Ci sono prodotti che fanno da traino all’intera produzione, come il vino, il parmigiano reggiano, la pasta, l’olio e altri prodotti di qualità.
Presidente, non è troppo ottimista?
Questo periodo non durerà in eterno e può avere due possibili sviluppi. Il primo può essere quello di accontentarsi, sapendo che così facendo si accetta una scala di distribuzione del valore che penalizza in particolare i produttori primari. Il secondo scenario – quello che noi auspichiamo – è invece quello di investire di più, usare le risorse pubbliche per un grande piano di sviluppo, rafforzare l’obiettivo di completare la trasformazione digitale e ambientale, sostenere un intelligente lavoro di conquista di nuovi mercati. E provare così ad aumentare il valore di mercato dei nostri prodotti, garantire una più equa distribuzione degli utili tra produttori, trasformatori e distributori.
Che poi è quello per cui è nata Agrocepi.
Agrocepi ha in questi anni impegnato tutte le sue forze per affermare l’idea che le aziende dell’agroalimentare italiano devono collaborare di più e sviluppare alleanze. Da qui la centralità della politica delle filiere. Siamo soddisfatti per il semplice motivo che oggi tutti ragionano a sostegno delle filiere. Lo fanno le aziende che hanno capito i vantaggi che possono essere raggiunti. Lo hanno capito gli altri sindacati, che ora ci seguono con maggior convinzione. Ma lo ha capito soprattutto la politica, che con coraggio ha deciso di investire importanti risorse in questa direzione. Questa è la strada maestra per il futuro del nostro settore.
Come stanno reagendo le imprese alle sfide poste dal Pnrr e dai programmi per la sostenibilità, i cosiddetti Esg?
Il successo ottenuto dal V bando per il contratto di filiera ne è la dimostrazione più evidente: 318 progetti presentati per oltre 10 miliardi di investimento, 6mila aziende coinvolte di ogni ordine e grado, di ogni regione d’Italia, spaziando in tutti i settori produttivi, da quelli strategici a quelli più nuovi e innovativi. Il successo è ancora più marcato se si pensa alla positiva risposta raccolta anche dal bando per la logistica. Per la logistica agroalimentare, grazie al Pnrr e puntando ad integrare con altre risorse, oltre a garantire i progetti in corso, sarebbe giusto pensare ad un nuovo avviso. La logistica insieme all’innovazione e alla qualità delle produzioni è la chiave per il futuro dell’agroalimentare.
Eppure, nelle aziende si respira un’aria di incertezza.
Le aziende si muovono in una situazione ancora condizionata dalla volubilità dei costi di molti prodotti e beni essenziali per mantenere gli obiettivi di sviluppo. Questa incertezza può spingere le aziende a scegliere la soluzione più prudente, investendo di meno, rischiando di meno, assumendo di meno.
Non crede che i cambiamenti climatici rappresentino i rischi più grandi, come la carenza di acqua anche in zone dove se ne disponeva in abbondanza?
I cambiamenti climatici obbligano il settore agricolo a una revisione completa di obiettivi, procedure e prassi. Ad esempio, nel settore del latte – che sostiene la produzione del più importante formaggio Dop d’Europa che è il Grana Padano – urge una rivisitazione della composizione della dieta della bovina da latte, in modo da diminuire il trinciato di mais e aumentare i cereali vernini da sfalcio. Questo comporterà un’enorme diminuzione del consumo idrico per l’irrigazione, una conseguente riduzione della taglia media delle mandrie e una ottimizzazione dei processi produttivi. In questo modo si consentirà di mantenere o di migliorare il livello di reddito dell’allevatore.
La crisi ucraina ha posto l’esigenza di recuperare alla produzione terreni agricoli abbandonati. Cosa pensa in merito Agrocepi?
L’espansione dell’urbanizzazione per uso civile e produttivo, dalla logistica al trasporto su gomma, sta ponendo al mondo dell’agroalimentare sfide enormi e ci spinge a batterci con ancora maggior forza per uno sviluppo equilibrato e sostenibile dei territori rurali e dei paesaggi. L’Italia è il Paese che più di tutti in Europa consuma inutilmente suolo, e non è certo il paese che dispone della più grandi superfici coltivabili. In molte zone soprattutto del Nord sono state urbanizzate vaste aree per uso artigianale o industriale, senza neppure curarsi di cercare una sinergia con i paesi vicini. Negli hinterland di quasi tutte le città si trova oggi uno sconsolante paesaggio di strade, svincoli, parcheggi, tutti circondati da centinaia di enormi capannoni, parte dei quali vuoti ma già decadenti, spesso ancora in costruzione. Se amiamo il mondo rurale e l’agroalimentare, dobbiamo essere capaci di contrastare questo modello di sviluppo.
Fonte ilsussidario.net